Lo denuncia Assocarta, attraverso un indagine che evidenzia i quantitativi in gioco disponibili per il riciclo, evidenziando come la mancanza una circolarità nell’economia del settore possa costituire un un freno alla competitività dello stesso.
Chi è Assocarta
Assocarta, con una recente indagine, ha cercato di evidenziare l’assenza di “circolarità” in un settore come quello del macero, che potrebbe rappresentare un vero e proprio freno alla competitività dello stesso.
L’Associazione Nazionale fra gli Industriali della Carta, Cartoni e Paste per Carta, è stata fondata l’11 maggio del 1988, con lo scopo di “tutelare l’industria e il commercio cartaceo italiano”.
Aderente a Confindustria si pone l’obiettivo di coordinare e promuovere gli interessi di ogni settore dell’industria cartaria in cui operino le imprese associate, e di tutelarli sia a livello nazionale che europeo attraverso CEPI, la Confederazione Europea dell’Industria Cartaria (www.cepi.org), di cui è socio fondatore.
Il consumo di carta da riciclare in Italia
L’industria cartaria italiana si posiziona al quarto posto a livello europeo, dopo Germania, Svezia e Finlandia, con una produzione di carte e cartoni pari a circa 9.000 kton realizzate nel 2016.
Il fatturato complessivo è stato di 7 miliardi di Euro, proveniente per oltre il 53% da esportazioni, dirette in larga parte verso i mercati europei, e, nel 2016, ha impiegato circa 5.000 kton di carta da riciclare, a fronte di una raccolta nazionale, stimata dalla raccolta apparente (consumo rilevato da Istat presso le imprese + export – import), di circa 6,5 milioni di tonnellate.
Con tale livello di impiego, l’Italia è il quarto utilizzatore di carta da riciclare in Europa.
Come si è distribuito tale utilizzo tra i diversi comparti produttivi del settore?
Il 92% della domanda nazionale di tale materia prima proviene dal settore dell’imballaggio, principalmente dalle cartiere che realizzano carte per cartone ondulato (54% del totale) impiegando esclusivamente questa materia prima fibrosa (tasso di utilizzo del 112,2%). Il 66% degli impieghi di carta da riciclare di questo comparto è costituito da ‘Ondulati e Kraft’, il 30% circa da ‘Qualità miste’.
La raccolta nazionale (oltre 6,5 milioni di t) eccede ampiamente (circa 1,6 milioni di t) il fabbisogno interno di carta da riciclare, e la quota più rilevante di tale esubero (1,3 milioni di t) riguarda le qualità Ondulati e kraft; importante l’eccedenza che si riscontra anche per il giornalame. [1]
I progetti di riconversione in corso in Italia
Si segnalano, in particolare, i seguenti progetti di riconversione[2] in Italia:
- PROGEST – Mantova (Lombardia): 550.000 t – start up previsto entro 2018
- BURGO – Avezzano (Abruzzo): 200.000 t – start up entro 2017
- BURGO – Duino (Friuli): 200.000 t – non ancora confermato
Con essi la produzione nazionale di carte e cartoni per cartone ondulato verrà portata intorno a 3,1/3,2 milioni di t/anno, volume che giungerà a soddisfare tra il 79-82% della domanda interna di tali prodotti, contribuendo a ridurre i flussi di import.
La capacità di riciclo installata (con le tre riconversioni sopra indicate) contribuirà a chiudere il gap tra raccolta ed export in coerenza con l’obiettivo ambientale di chiudere il cerchio, reimpiegando così la materia prima secondo il principio di prossimità. Crescerà quindi la quantità degli scarti derivanti dal processo di riciclo della carta.
Gli scarti del riciclo. Un’occasione persa, un freno alla competitività del settore
E’ opportuno segnalare che, dalle raccolte differenziate di carta svolte sulle superfici comunali, origina, in Italia, il primo materiale in quantità (oltre 3 milioni di tonnellate nel 2015 su un totale di 6,3 milioni di t di carta raccolta) con un tasso di riciclo dell’80% nel settore dell’imballaggio. Questo equivale a dire che nel nostro Paese, ogni minuto, vengono riciclate 10 tonnellate di carta.
Nel settore della carta e del cartone, dal processo di riciclo in particolare, si genera uno scarto, comunque minimo rispetto al rifiuto evitato grazie al riciclo della carta, il cui recupero energetico è una Best Available Technique (BAT) a livello UE.
In Italia uno degli ostacoli al riciclo (oltre che all’aumento della capacità di riciclo) è proprio la difficoltà di gestione di questi scarti che, pur ricchi di energia, continuano a finire nelle discariche, che sono sempre meno, per:
- l’impossibilità da parte imprese italiane di installare questo tipo di impianti all’interno dei propri siti produttivi;
- la mancanza, all’esterno dei siti produttivi, di infrastrutture sufficienti per recuperare energeticamente le quantità di scarto di pulper generate dall’industria del riciclo.
Un evidente limite alla “circolarità” e un enorme spreco di risorse e di energia che i nostri concorrenti europei non fanno.
Per recuperare 300 mila tonnellate di scarti di riciclo (nulla di fronte ai circa 5 milioni di t di carta riciclata ogni anno dal settore, un rapporto tra 1:18) c’è solo un impianto di termovalorizzazione dedicato in Umbria, mentre un secondo impianto in Lombardia non è utilizzato in maniera costante.
Intanto anche le capacità di recupero energetico sono utilizzate per i rifiuti urbani provenienti da Regioni che non hanno saputo dotarsi di un’impiantistica adeguata, sostenendo costi elevati, posti a carico del Contribuente.
Una situazione semplicemente inadeguata.
I nostri concorrenti europei hanno invece impianti a piè di fabbrica, oppure vanno in impianti di termovalorizzazione o in altri impianti industriali (cementifici).
È necessario che l’Italia attui le norme che consentono di recuperare energia dagli scarti del riciclo, nella consapevolezza che questa è una delle condizioni indispensabili per:
- contribuire alla de carbonizzazione;
- ridurre lo svantaggio competitivo oggi esistente tra l’industria nazionale e i suoi competitori nella UE;
- infine, ma non meno importante, dare piena attuazione ai principi dell’Economia Circolare.
Per esempio, alcune norme sono contenute nel “Codice dell’ambiente” (Decreto legislativo n. 152/2006), il cui art. 199, comma 3, lettere g) ed m) che inserisce tra i contenuti previsti nei piani regionali di gestione dei rifiuti:
- il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani (….) , nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;
- le iniziative volte a favorire il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino.
Si tratta di norme previste a livello di legislazione nazionale, ma che devono essere attuate a livello regionale.
In assenza di qualsiasi azione, il rischio, sempre più vicino è che si blocchi la produzione, quindi il riciclo della carta e conseguentemente la raccolta differenziata della carta su suolo pubblico (e su quello privato) in Italia.
Né il Paese né l’industria della carta vogliono questo, ma l’inerzia può andare oltre le peggiori aspettative.
Qualche considerazione finale
Alcune riconversioni come quella di Pro-Gest a Mantova, Burgo ad Avezzano e a Duino[3] attestano che l’industria cartaria italiana ha avviato un ciclo positivo di investimenti, e questo va interpretato, soprattutto, nell’ottica di economia circolare e di sviluppo sostenibile nella quale esse sono la vivida ed effettiva testimonianza della possibilità di trasformare in prodotto finito la carta da riciclare, la quale, raccolta oggi in Italia, non viene riciclata ma viene esportata percorrendo migliaia e migliaia di chilometri.
Resta da affrontare, con ancora più urgenza e finalmente in maniera strutturale, il tema del recupero degli scarti di riciclo. Sotto questo aspetto il Ministero dell’Ambiente, nell’ambito delle sue competenze ex-art. 199, ha senz’altro quelle di indirizzo e coordinamento per l’attuazione della parte Quarta del Dlgs 152 e la definizione di linee guida per il recupero energetico dei rifiuti.
In questa direzione un’azione di coordinamento del Ministero (e quindi di sollecitazione delle Regioni) potrebbe stimolare una maggiore attività sul tema del recupero degli scarti del riciclo proprio per rafforzare le politiche di Economia Circolare.
[1] Si tratta di tipologie di materia prima che vengono reimpiegate oltre confine, esponendo il settore a criticità legate agli andamenti dei prezzi e, in alcuni casi, alla pronta disponibilità in loco di volumi, variabili ormai dipendenti dagli andamenti del mercato globale e dalle politiche di approvvigionamento di Paesi asiatici, quali la Cina, principale destinazione dell’export italiano di carta da riciclare (54% dei volumi esportati dall’Italia).Nel complesso l’area asiatica ha assorbito nel 2016 oltre il 67% dei volumi esportati dall’Italia, pari a quasi un quarto della raccolta italiana, ma tale quota ha spesso rasentato il 70%. Per le qualità Ondulati e kraft la quota diretta verso l’area asiatica (1,2 milioni di t) rappresenta il 90% del nostro export, di cui 1 mlne di t verso la Cina.
[2] Le riconversioni già in essere consentiranno una chiusura del ciclo in Italia in un’ottica di economia circolare e di valorizzazione del riciclo di prossimità. Infatti, i maggiori volumi di carta da riciclare che saranno assorbiti da questi nuovi impianti (oltre 1 milione di t/anno) saranno soddisfatti dal materiale raccolto a livello nazionale (riciclo di prossimità). La minore esportazione di materia prima (carta da riciclare) avrà l’effetto di rendere il mercato nazionale meno soggetto alle altalenanti politiche di approvvigionamento oggi attuate da grosse realtà in Asia, ma soprattutto consentirà di mantenere la catena del valore in Italia
[3] Queste tre riconversioni sarebbero in grado di determinare un sostanziale riequilibrio del mercato italiano per quanto concerne la richiesta di carte e cartoni da parte del settore cartotecnico.