La confisca del mezzo di trasporto deve essere giustificata nel caso di abbandono del rifiuto

In base alla sentenza n. 30133/2017 della Corte di Cassazione si stabilisce che il riconoscimento della natura di mezzo utilizzato, qualora si compia il reato di abbandono dei rifiuti sanzionato dal Testo Unico Ambientale (ex art. 256, c.2), non si sufficiente per disporre la confisca dello stesso.

La sentenza n. 30133/2017

Con sentenza n. n. 30133/2017, la Corte di Cassazione ha stabilito che il riconoscimento della natura di mezzo utilizzato, qualora si compia il reato di abbandono dei rifiuti, sanzionato dal Testo Unico Ambientale dall’art. 256 di cui sotto, tale fattispecie non sia sufficiente per disporre la confisca dello stesso.

D.Lgs. n. 152/2006, art. 256, c.1 e c.2, “attività di gestione di rifiuti non autorizzata”.

  1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito: a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
  2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2.

La fattispecie esaminata

In particolare la Corte ha analizzato il caso di un mezzo utilizzato dal Dipendente di una società di servizi cimiteriali per abbandonare rifiuti edilizi ed organici; se il comportamento in esame è stato sanzionato, si sottolinea come, al contrario, il ricorso contro la condanna del titolare della società, invece, sia stato respinto.

Pertanto è stato accolto il ricorso contro la confisca di tale automezzo, ordinata dalla cote di appello di Napoli.

Si ricorda come il D.Lgs n. 152/2006 (Testo Unico Ambientale, TUA) non preveda, per la fattispecie in esame, la confisca “obbligatoria” del mezzo utilizzato per la consumazione del reato; al contrario tale esito viene previsto qualora si manifesti il caso di trasporto illecito di rifiuti, sanzionato sempre con il TUA, in base al successivo art. n. 259[1].

[1] Il legislatore penale, con l’art. 40 del Codice Penale prescrive che la confisca facoltativa delle “cose” che sono servite a commettere il reato, consista in una misura cautelare, di natura non punitiva, che tende a prevenire la commissione di nuovi reati. Ne segue che il Giudice chiamato ad applicare la regola legale deve fornire adeguate ragioni con la sentenza, e tale onere non può considerarsi assolto con il solo riconoscimento della natura di “bene utilizzato per la consumazione del reato”, visto che tale natura rappresenta un presupposto per l’applicazione della misura.

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