Obiettivi più rigorosi per il conferimento in discarica dei rifiuti: con l’approvazione in prima lettura della proposta di modifica di Direttiva 1999/31/Ce sulle discariche rilasciata dalla Commissione europea nel Dicembre 2015, il Parlamento Europeo impone target stringenti, come il divieto di ingresso in discarica per imballaggi e rifiuti di imballaggio. Ora la parola passa al Consiglio UE.
La Direttiva 1999/31/Ce
Sin dal principio, il 26 aprile 1999, con l’entrata in vigore della Direttiva n. 31, relativa alle discariche di rifiuti[1], la Comunità europea ha voluto prevenire, o ridurre il più possibile, qualsiasi impatto negativo delle discariche sulla salute umana e sulle matrici ambientali, con particolare riferimento alle acque superficiali, alle acque freatiche, al suolo, all’atmosfera, mediante l’introduzione di rigidi requisiti tecnici.
La Direttiva rappresenta uno fra gli strumenti giuridici che le istituzioni europee possono utilizzare per attuare le politiche dell’Unione europea (UE), principalmente al fine di armonizzare le leggi nazionali. E’ uno strumento giuridico “flessibile”, in quanto richiede ai paesi dell’UE di raggiungere determinati risultati fissando per essi un determinato obiettivo (es.: per l’attuale Direttiva Quadro sui rifiuti, la n. 98 del 2008, richiede venga realizzata una “società del riciclo”, animata da diversi principi fondanti, tra i quali spicca il “chi inquina paga”), ma li lascia liberi di scegliere le relative modalità: infatti i singoli paesi membri sono lasciati liberi di sviluppare le proprie leggi e determinare come applicare le prescrizioni riportate al loro interno[2]. La Direttiva rientra nel diritto secondario dell’UE, per cui viene adottata dalle istituzioni dell’UE in conformità con i trattati costitutivi. Essa viene adottata seguendo una procedura legislativa che vede coinvolti il Consiglio ed il Parlamento europeo, secondo procedure legislative ordinarie o speciali. Infine viene recepita nel diritto nazionale dei paesi UE per poter essere applicata.
Con essa il Legislatore ha individuato tre categorie di discariche (per rifiuti pericolosi, per rifiuti non pericolosi e per rifiuti inerti[3]), ed introdotto una serie di limitazioni di naturale generale, come:
- l’impossibilità di ammettere gomme usate o rifiuti liquidi, infiammabili, esplosivi o corrosivi, oppure provenienti da ospedali o istituti medici e veterinari in tali impianti;
- il vincolo di poter conferire in esse unicamente rifiuti trattati, ammettendo la possibilità che i rifiuti urbani vengano collocati in discariche per rifiuti non pericolosi.
L’atto normativo richiede che i governi dell’Unione europea attuino strategie nazionali per ridurre progressivamente la quantità di rifiuti biodegradabili da conferire in discarica, mentre le Autorità nazionali devono garantire che il prezzo di smaltimento dei rifiuti copra l’insieme dei costi connessi dalla creazione alla chiusura del sito.
Numerose le prescrizioni a carico dei gestori, che devono richiedere un’autorizzazione e fornire le seguenti informazioni:
- identità del richiedente e, in alcuni casi, del gestore;
- descrizione del tipo e del quantitativo di rifiuti da depositare;
- capacità e descrizione del sito, compresi il piano per il funzionamento, la sorveglianza ed il controllo;
- metodi per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento;
- dettagli delle procedure di chiusura e gestione successiva alla chiusura.
Il recepimento della Direttiva 1999/31/Ce
Con un ritardo di ben quattro anni, l’Italia ha recepito la Direttiva n. 31, mediante pubblicazione in Gazzetta ufficiale, avvenuta il 12 marzo 2003, del D. Lgs. n. 36 (il c.d. “Decreto Discariche”[4]), che stabilisce i requisiti operativi e tecnici per i conferimento in esse dei rifiuti e per gli stessi impianti, nonché misure, procedure e orientamenti tesi a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente, in particolare l’inquinamento delle acque superficiali, delle acque sotterranee, del suolo e dell’atmosfera, e sull’ambiente globale, compreso l’effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l’intero ciclo di vita della discarica, in linea con quanto stabilito a livello comunitario.
Di seguito, il DM Ambiente del 3 agosto 2005 ha puntualizzato tali criteri e procedure di ammissibilità, in conformità a quanto stabilito dal suddetto Decreto Discariche, da ultimo rivisti con il successivo DM 27 settembre 2010, che afferma alcuni principi basilari in merito all’ammissione dei rifiuti in discarica[5]:
- essa può avvenire esclusivamente se essi sono conformi ai criteri di ammissibilità della corrispondente categoria di discarica secondo quanto stabilito dal DM;
- si prevede l’esclusivo impiego dei metodi di campionamento e analisi descritti dal DM (di cui all’Allegato 3) ai fini dell’accertamento dell’ammissibilità dei rifiuti nella stessa.
Ed anche[6]:
- viene ammesso il conferimento di rifiuti che soddisfano i criteri per l’ammissione ad ogni categoria di discarica in discariche aventi un livello di tutela superiore (tenuto conto che le discariche per rifiuti pericolosi hanno un livello di tutela ambientale superiore a quelle per rifiuti non pericolosi, e che queste ultime hanno un livello di tutela ambientale superiore a quelle per rifiuti inerti);
- lo smaltimento in discarica di rifiuti contenenti o contaminati da inquinanti organici persistenti deve essere effettuato conformemente a quanto previsto dalla normativa comunitaria vigente.
La proposta di modifica alla Direttiva 1999/31/Ce.
Le motivazioni.
La proposta originaria di modifica della Direttiva n. 31[7], rilasciata dalla Commissione Europea nel Dicembre del 2015, trovava principale motivazione nella perdita di una quantità importante di potenziali materie prime secondarie presenti nel flusso dei rifiuti: come evidenziato nelle premesse all’atto, i dati empirici mostrano, nel 2013, una produzione complessiva pari a 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti da parte dei Paesi membri della UE, ed una grande parte di questi, pari a 1,6 miliardi non sono state né riutilizzate né riciclate, andando così perse per l’economia europea.
L’Unione stima che sarebbe possibile riciclare o riutilizzare altri 600 milioni di tonnellate di rifiuti. Per quanto concerne i rifiuti urbani, ad esempio, solo una quantità limitata di quelli prodotti nell’Unione è stata riciclata (43%), mentre il resto è stato collocato in discarica (31%) o incenerito (26%), perdendo, in tal modo importanti opportunità per migliorare l’efficienza delle risorse e sviluppare un’economia più circolare, e contravvenendo ai principi fondanti della gestione dei rifiuti, in base ai quale lo smaltimento in discarica viene attuata solamente nel caso in cui sia impossibile, sotto un profilo tecnico ed economico, recuperare il rifiuto.
Nell’Unione si devono inoltre affrontare grandi differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la gestione dei rifiuti: sebbene nel 2011 sei paesi siano riusciti a contenere al di sotto del 3% i rifiuti urbani collocati in discarica, nel caso di altri 18 paesi più del 50% vi sono invece stati collocati, con picchi di oltre il 90% per alcuni di loro.
Gli obiettivi perseguiti.
Il Legislatore, muovendo da tale contesto e coerentemente con il pacchetto di misure in corso di approvazione sull’economia circolare tra le quali spicca la modifica dell’attuale Direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE)[8], intende migliorare le pratiche di gestione in questo settore, stimolare l’innovazione in materia di riciclaggio, e, per quanto attiene i le discariche, limitare il collocamento dei rifiuti in esse, creando incentivi volti a modificare il comportamento dei consumatori.
Gli emendamenti alla proposta di direttiva.
In tale contesto si inseriscono i recentissimi emendamenti apportati alla suddetta approvati il 14 Marzo 2017 dal Parlamento europeo, che impongono obiettivi maggiormente rigorosi rispetto al testo licenziato a Dicembre 2015 dalla Commissione UE. Si preannunciano, in tal senso, numerose novità, come:
- il divieto di ingresso in discarica per imballaggi e rifiuti di imballaggio;
- l’obiettivo al 2030 del 5% massimo di rifiuti smaltiti in discarica (rispetto al 10% proposto dalla Commissione);
- l’obbligo per gli stati membri, entro la fine del 2030, di ammettere nelle discariche per rifiuti non pericolosi, solo i rifiuti urbani residui (secondo la nuova definizione inserita nella proposta di modifica della Direttiva quadro rifiuti, la 98 del 2008).
Il Parlamento affida alla Commissione UE (nuovo articolo 15-ter aggiunto alla direttiva 1999), il compito di mettere a punto il metodo per determinare in loco, e per tutta l’estensione dell’area, il coefficiente di permeabilità delle singole discariche, nonché di mettere a punto una norma europea per il campionamento dei rifiuti.
[1] Per ulteriori informazioni, consultare il seguente link: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV%3Al21208.
[2] La Direttiva consiste in un atto di natura vincolante e di applicazione generale. Infatti il Legislatore comunitario, all’art. 28 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (“TFUE”), prescrive che Essa sia vincolante per i Paesi membri destinatari (uno, alcuni oppure tutti) per quanto riguarda il risultato da raggiungere, lasciando contemporaneamente la scelta della forma e dei metodi opportuni alle Autorità nazionali (es.: in Italia si ricorda, tra gli altri, il Ministero dell’Ambiente). Tuttavia, le Direttive sono diverse dai Regolamenti e dalle Decisioni. Infatti, a differenza del primo, che risulta direttamente applicabile nell’ordinamento giuridico interno del Paese membro della Comunità subito dopo la sua entrata in vigore (es.: Regolamento 2014/1357/Ce sulle caratteristiche di pericolo associabili ai rifiuti, emanato il 18 Dicembre 2014 ed entrato in vigore nel Giugno dell’anno successivo), la Direttiva non è direttamente applicabile nei paesi UE: deve prima essere recepita nell’ordinamento nazionale affinché governi, aziende e individui possano farvi ricorso. Infine, a differenza della Decisione, la Direttiva è un testo di applicazione generale per tutti i paesi dell’UE.
[3] Da intendere come quelli che non si decompongono o bruciano, quali ghiaia, sabbia e roccia.
[4] Recante attuazione della Direttiva 1999/31/Ce relativa alle discariche di rifiuti, pubblicato in g.u. il 12 marzo 2003 n. 59, s.o. .
[5] Art. 1, commi 2 e 3.
[6] Art. 1, c.3 e c. 43.
[7] Proposta di direttiva del parlamento europeo e del consiglio che modifica la direttiva 1999/31/ce relativa alle discariche di rifiuti.
[8] Il pacchetto, oltre ad una anche una comunicazione della Commissione dal titolo “L’anello mancante — Un piano d’azione dell’UE per l’economia circolare”, comprende la modifica delle seguenti Direttive: 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggi (c.d. “Packaging 1”); 2000/53/CE sui veicoli fuori uso; 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori, 2012/19/UE riguardante i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (“RAEE”). La proposta di modifica della direttiva 2008/98/CE risponde all’obbligo giuridico di riesaminare gli obiettivi in essa contenuti concernenti la gestione dei rifiuti. Le proposte che accompagnano il pacchetto sull’economia circolare e che modificano le sei direttive sopracitate si basano in parte sulla proposta che la Commissione ha presentato nel luglio 2014 e successivamente ritirato nel dicembre 2014.