Rilasciate le Linee Guida del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (“SNPA”), per l’applicazione della disciplina dell’end of waste (“EoW”).
Che cos’è il SNPA
A seguito dell’entrata in vigore della L. n. 132/2016 del 28 Giugno (recante “Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale”, “ISPRA”), è divenuto operativo il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (“SNPA”), a partire dal successivo 14 gennaio 2017.
Con essa viene istituito un vero e proprio Sistema a rete che fonde, in una nuova identità, quelle che erano le singole componenti del preesistente Sistema delle Agenzie Ambientali, che coinvolgeva le 21 Agenzie Regionali (“ARPA”) e Provinciali (“APPA”), oltre a ISPRA.
Il punto sulla normativa End of Waste (“EoW”)
Con la riforma della disciplina normativa sulla cessazione della qualità di rifiuto (end of waste, “EoW”), il Sistema, ovvero ISPRA e le Agenzie Regionali / Provinciali per l’Ambiente vanno a ricoprire un ruolo di rilevante importanza sul tema, andando a presidiare, con maggiore forza, il rilascio delle autorizzazioni allo svolgimento delle attività industriali di recupero dei rifiuti. Prima di parlare delle Linee guida, emanate da SNPA a riguardo, rimane opportuno fare delle premesse di profilo normativo.
Che cos’è l’end of waste
Si tratta di un procedimento per il quale un rifiuto, sottoposto ad un processo di recupero, perde tale qualifica per acquisire quella di prodotto, una volta soddisfatte determinate condizioni[1], per cui non è più tale in quanto diviene, oggettivamente, un prodotto. Con il recepimento della Direttiva n. 98/2008 nel nostro ordinamento (mediante il D.Lgs. n. 205/2010, che va a modificare la parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, c.d. “Testo Unico Ambientale”, o “TUA”), viene inclusa, fra quelle di recupero[3], anche l’operazione di preparazione per il riutilizzo: anche il semplice controllo dei rifiuti, al fine di riscontrare il soddisfacimento dei suddetti criteri rientra in questo ambito[2].
Il recente iter normativo
Negli ultimi tempi l’impianto normativo (costituito dall’art. 184-ter del TUA) modificato il 14 Giugno 2018 con la conversione in legge del c.d. “DL Sbloccantieri”, aveva generato non pochi dubbi ed incertezze negli operatori e nelle Autorità preposte al rilascio delle Autorizzazioni, in relazione al rischio di illiceità dei processi industriali di recupero, se fosse rimasta inalterata tale disciplina.
Infatti, con un ulteriore intervento[4], il Legislatore modifica, in modo rilevante ed in anticipo sui tempi di recepimento della Direttiva n. 851/2018 nel nostro ordinamento, la nozione di “end of waste”, ovvero la cessazione della qualifica di rifiuto, nozione introdotta, in ambito comunitario con l’emanazione della c.d. “Direttiva Quadro” (la n. 2008/98/CE del 19 novembre 2008, e recepita internamente con il D.Lgs. n. 205/2010), autorizzando, nel contempo, il rilascio delle Autorizzazioni (o la conferma o la novella di quelle esistenti) per il recupero dei rifiuti secondo la modalità del “caso per caso”.
Il nuovo ruolo di ISPRA nella legislazione sull’end of waste
Con l’ultima riforma, senza dubbio vengono assegnati compiti di rilevante importanza ad ISPRA.
In particolare, viene previsto un sistema di controlli delle autorizzazioni rilasciate “caso per caso” attribuendone la competenza proprio al SNPA[5], ed ISPRA, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente da questa delegata, che vengono incaricate di svolgere controlli a campione, sentita l’autorità competente, in contraddittorio con il soggetto interessato, al fine di riscontrare la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita:
- agli atti autorizzatori rilasciati
- alle condizioni previste per la cessazione di qualità di rifiuti, redigendo un apposita relazione, in caso di mancata conformità.
Tale procedura deve concludersi entro 60 gg dal suo inizio, e, entro 15 gg, ISPRA o ARPA comunicano gli esiti della verifica al Ministero dell’ambiente.
L’oggetto del controllo
Il controllo attiene gli impianti di recupero per i quali le autorità competenti hanno adottato, riesaminato o rinnovato nuovi provvedimenti autorizzatori dalla data di entrata in vigore della suddetta L. n. 128 (ovvero dal 3 novembre 2019)[6].
Le linee guida SNPA
In risposta al nuovo tracciato normativo vengono quindi emanate da SNPA apposite Linee guida lo scorso 6 febbraio 2020 per l’effettuazione delle attività di controllo [7].
Le fasi della procedura di controllo
Come rileva dalle Linee guida, le fasi della procedura sono così ordinate:
- ISPRA (o ARPA/APPA delegata) deve controllare, “a campione”, la conformità delle modalità operative/gestionali degli impianti alle condizioni “generali” EoW e agli atti autorizzatori, concludendo, come sopra anticipato, il procedimento entro 60 gg “dall’inizio della verifica”, e la scelta del campione viene effettuata secondo modalità descritte all’interno della stessa guida.
- L’inizio della verifica sugli impianti coincide con la data del primo giorno di controllo presso l’impianto / installazione in contraddittorio con il gestore, sentita formalmente e preventivamente l’Autorità competente sul singolo procedimento (e quindi da tale data decorrono i 60 giorni di cui al punto successivo).
- Gli esiti della verifica (sia in caso di conformità che di non conformità) vanno comunicati “entro 15 giorni” al Ministero dell’Ambiente, all’ISPRA, all’Autorità competente e al Gestore (negli esiti del controllo sono distinti i rilievi relativi alla conformità agli atti autorizzativi da quelli alle condizioni generali);
- Il MATTM, ricevuta la “comunicazione” dall’Ispra o dall’ARPA deve adottare proprie conclusioni (entro 60 gg) e trasmetterle all’Autorità competente: si evidenzia come l’eventuale mancato recepimento degli esiti dell’istruttoria contenuti nella relazione Ispra/Arpa di non conformità deve essere motivato;
- In caso di non conformità, le Autorità competenti, che hanno rilasciato le autorizzazioni con propri criteri dettagliati, devono avviare un procedimento finalizzato all’adeguamento, da parte del soggetto interessato, alle conclusioni del Ministero dell’Ambiente – ovvero disporre la revoca dell’autorizzazione, nel caso di mancato adeguamento – e comunicare “tempestivamente” allo stesso Dicastero la conclusione del procedimento[8].
Da ultimo ISPRA redige una relazione annuale sulle verifiche e sui controlli effettuali ai sensi della norma in esame e la comunica al Ministero dell’Ambiente ed alle Autorità Competenti entro il 31 dicembre di ogni anno.
Sono, comunque, fatti salvi i procedimenti conseguenti di altra natura, differenti e ulteriori, previsti dalla legge in caso di accertata non conformità della gestione degli impianti agli atti autorizzatori rilasciati e/o alle norme vigenti
Tutto ciò premesso, le Linee Guida di ISPRA si propongono di:
- fornire gli elementi utili alla realizzazione di un sistema comune ed omogeneo di pianificazione ed esecuzione delle ispezioni nell’ambito dei processi di recupero o riciclaggio dei rifiuti da cui esitano materiali che hanno cessato di essere rifiuti: proprio la L. n. 128/2019 attribuisce ad SNPA nuovi compiti di controllo della conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero, le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni previste per la cessazione della qualifica di rifiuto.
- fornire un supporto per omogeneizzare l’attività ispettiva sul territorio.
In pratica, cosa viene controllato?
Gli aspetti principali del processo di recupero/riciclaggio che possono essere ispezionati includono la valutazione di:
- rifiuti in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;
- processi e tecniche di recupero/riciclaggio;
- criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
- requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso;
- un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.
In sintesi, le quattro fasi principali dell’attività di ispezione condotta dall’Autorità competente sono:
- La definizione di una strategia e pianificazione delle ispezioni anche finalizzata a identificare il campione da sottoporre a controllo come prescritto dalla norma
- La preparazione ed esecuzione dell’ispezione
- La segnalazione dei risultati dell’ispezione
- Il monitoraggio delle prestazioni e rendicontazione al MATTM.
Documenti
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[1] Un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfa tutte le precise condizioni stabilite dall’art. 6 della direttiva quadro, come modificata dalla Direttiva 2018/851/UE, di seguito riportate: a) la sostanza o l’oggetto sono destinati ad essere utilizzati per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
[2] Peraltro, SNPA ricorda che la cessazione della qualifica di rifiuto è un tema che richiede non solo la verifica dell’applicazione della disciplina dettata dalla direttiva 2008/98/CE sui rifiuti e dalle disposizioni nazionali in materia, ma anche di altre norme quali la Direttiva sulle emissioni industriali, il Regolamento sulla spedizione dei rifiuti, il Regolamento REACH e gli standard tecnici del prodotto (ISO, EN, marcatura CE, UNI).
[3] La sottoposizione del rifiuto ad un’operazione di recupero affinché possa cessare di essere tale, deve essere intesa quale operazione il cui principale risultato è quello di permettere al rifiuto di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero altrimenti utilizzati per assolvere ad una particolare funzione all’interno dell’impianto o nell’economia in generale (Cass. Pen. n. 19211 del 21 aprile 2017).
[4] Con la L. n. 128/2019, che risale al 2 novembre 2019, pubblicata su GU n.257 del 2/11/19, di conversione del DL 3 settembre 2019, n. 101, (disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali), viene modificato l’articolo 184 ter del D.lgs n.152/2006, sulla cessazione della qualifica di rifiuto.
[5] Con il nuovo c. 3 ter dell’art. 184 ter del d.lgs. n. 152/2006.
[6] Nel caso in cui il provvedimento di autorizzazione rilasciato si riferisca a un impianto non ancora in esercizio la verifica non può iniziare prima dell’avvio effettivo dello stesso.
[7] Con la quali viene presentato un primo strumento per assicurare l’armonizzazione, l’efficacia e l’omogeneità dei controlli sul territorio nazionale, ed in particolare si intende dotare il Sistema di un approccio condiviso ed omogeneo delle Agenzie in merito alle diverse competenze attribuite alle stesse sia in fase istruttoria nel supporto alle Autorità competenti nel rilascio delle autorizzazioni sia in fase di controllo. Resta fermo che la procedura di cui all’art. 184 ter comma 3 ter non esaurisce i controlli a cui il gestore può essere sottoposto. sarà revisionata sulla base delle risultanze dei controlli effettuati nel primo anno di applicazione della norma.
[8] Qualora decorrano 180 gg dalla trasmissione delle conclusioni all’autorità competente per cui il procedimento di adeguamento non risulta “avviato o concluso”, il Ministero dell’Ambiente può intervenire in via sostitutiva, previa diffida, anche mediante un Commissario ad acta.